DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO: LA DISLESSIA

Per Dislessia evolutiva ci si riferisce ad una difficoltà specifica nella lettura, tale difficoltà può manifestarsi rispetto al parametro della velocità ovvero una lettura stentata e lenta, oppure per correttezza, quindi il bambino leggendo compie numerosi errori che possono essere di varia natura e precocemente identificabili: scambio di lettere (d/b, p/q, v/f etc), salto della parola, della riga, inversioni di lettere, autocorrezioni frequenti, lettura corretta della prima parte di parola per poi però dirne una simile ma con parte finale differente; questi sono solo alcuni esempi degli errori più comuni.
Le difficoltà di velocità e correttezza si possono presentare contemporaneamente. Inoltre, in molti casi la dislessia non si manifesta isolatamente bensì associata ad ulteriori difficoltà di comprensione del testo scritto, di scrittura (disortografia e disgrafia), nell’ambito logico matematico (discalculia) ed altri.
Questo disturbo specifico dell’apprendimento si manifesta in assenza di deprivazioni ambientali, difficoltà cognitive, sensoriali (ad esempio della vista) o patologie specifiche che possano giustificarne la causa. Degli indici da non sottovalutare sono: l’eventuale familiarità, quindi se vi sono altri casi in famiglia l’indice di rischio può essere maggiore, stesso discorso vale se il bambino ha manifestato un disturbo di linguaggio in precedenza, avrà maggiore probabilità di sviluppare un DSA.
La diagnosi viene fatta a metà/fine seconda elementare, anche se importanti indici predittivi e di rischio possono essere più precocemente individuati. E’ indispensabile somministrare test standardizzati cognitivi, degli apprendimenti, delle funzioni esecutive. Per la diagnosi e per il trattamento è necessario un intervento in equipe: neuropsichiatra/ psicologo, logopedista, ortottista/optometrista, tutor specializzato ed altri.
La diagnosi deve essere certificata o presso la propria ASL o presso strutture private con equipe complete e accreditate dalla Regione Lazio e dalla stessa ASL. La diagnosi è necessaria per attivare misure compensative e dispensative nel contesto scolastico previste dalla Legge 170/2010 e che verranno concordate e scritte dal corpo docente all’interno di un PDP (piano didattico personalizzato) e condiviso con genitori e specialisti.

Logopedista Chiara Marianecci
Equipe DSA CASTELLI ROMANI accreditata per Diagnosi e certificazione di DSA da ASL RM6 e Regione Lazio

IMPARA A RIALZARTI

Dopo i 65 anni, circa una persona su tre cade almeno una volta l’anno; dopo gli 80 anni una su due. In circa la metà dei casi, le cadute tendono a ripetersi. Un caso su 40 richiede l’ospedalizzazione (fratture varie, spesso del femore, 7%) e di questi, solo la metà sopravvive a distanza di un anno. Ciò accade perché invecchiando, l’intero sistema che regola l’equilibrio va incontro ad un progressivo deterioramento funzionale, in tutte le sue tre componenti: sensoriale (vista, udito, ecc.), centrale (difficoltà ad integrare ed elaborare le informazioni) e muscolare (ridotto tono muscolare e coordinamento motorio). Tale condizione, in analogia con i termini di presbiopia e presbiacusia, è chiamata presbistasia.
Tutti gli anziani sono soggetti a tale deterioramento anche quelli cosiddetti “fit” cioè in buona salute. Le cause che rendono invece un anziano fragile o “frail” sono: alimentazione carente, debolezza, facile affaticamento, indebolimento osseo e muscolare, ridotta riserva funzionale, declino cognitivo, solitudine, instabilità, alterazioni di andatura ed equilibrio, cadute e disabilità. Inoltre, ogni anziano che assume 4 o più farmaci giornalmente è da considerare a rischio cadute.
Nei soggetti anziani risultati a più alto rischio di cadute, si dovrà poi attuare un programma di prevenzione che preveda non solo la cura delle patologie, vestibolari e non, che possono causare cadute, ma anche l’identificazione e correzione di eventuali rischi ambientali (illuminazione, gradini, calzature, tappeti, pavimenti, etc.), il potenziamento della muscolatura degli arti inferiori e dell’equilibrio in generale, oltre ad un’attività fisica moderata (passeggiare per almeno 30 minuti al giorno). È stato descritto un caratteristico ciclo della caduta, in quanto l’anziano che è già caduto una volta o che ha comunque una forte paura di cadere, per essere più sicuro tende a diminuire la propria attività motoria. Questo comporta una ulteriore diminuzione di forza ed equilibrio con conseguente aumento del rischio di caduta e concreta alta possibilità di cadere di nuovo, o per la prima volta. La caduta rappresenta sempre un evento temibile per l’anziano, non solo per le conseguenze in termini di disabilità, ma anche per le sue ripercussioni psicologiche. Le conseguenti perdita di sicurezza e paura di cadere di nuovo, possono infatti accelerare il declino funzionale ed indurre depressione ed isolamento sociale. Oltre ad applicare norme concrete di prevenzione ambientale e sanitaria, si deve anche fornire rassicurazioni psicologiche all’anziano ed è a tal fine utile anche infondergli una maggiore tranquillità,
Utile alla protezione di questa categoria di persone ma anche a tutto il resto dell’umanità può essere tenere a mente alcune regole base per imparare a rialzarsi dopo una caduta:
1-dopo la caduta, controllare se si sia rotto un osso (arto superiore o inferiore oppure anca)
2. se si chiamare ambulanza e non muoversi, altrimenti procedere alla sequenza successiva
3.girarsi a pancia in giù
4.mettersi carponi ed avvicinarsi ad un mobile o qualsiasi cosa solida e stabile
5. usarlo come punto di appoggio per rialzarsi
6. alzarsi e sedere per recuperare energie
7. se non si riesce ad alzarsi sarà necessario tenersi al caldo (avvolgendosi in qualsiasi cosa come tovaglia, cappotto, tovaglia, asciugamano ecc.

Dott.ssa Elisabetta Sartarelli Medico Chirurgo- Otoiatra, Audiologo Centro Medico e Pediatrico La Stella

L’osteopatia

Che cos’è?
L’osteopatia è una disciplina sanitaria, che si basa sulle conoscenze dell’anatomia, della fisiologia e dell’embriologia umana, per promuovere e migliorare la salute del paziente e nei bambini anche il loro sano sviluppo. Il trattamento osteopatico può avere scopi diversi: preventivo, di mantenimento o di miglioramento dello stato di salute, oppure ancora palliativo o adiuvante.
L’osteopatia fu fondata nel 1874 in America, nel Missouri, dal medico chirurgo Dr. Andrew Taylor Still, che per la mancanza di mezzi nella cura dei suoi pazienti, ricercò e sviluppò un nuovo metodo manuale conservativo.

Come lavora un osteopata?
Prima di trattare il paziente, l’osteopata effettua una valutazione, che serve a capire l’origine del problema e che consiste di più fasi:
1.Anamnesi: l’osteopata formula diverse domande al paziente per raccogliere dati dettagliati riguardanti il suo stato di salute attuale e pregresso e avere quindi un quadro generale.
2.Osservazione, tests e palpazione: l’osteopata osserva il paziente sin da quando entra nel suo studio, guarda attentamente le posizioni che assume, come si muove, come “usa” il suo corpo, poiché ogni dettaglio può essere utile a capire quale distretto corporeo non funziona come dovrebbe. Tutte queste informazioni verranno annotate per decidere poi dove agire. L’osteopata è attento a ciò che dice il paziente attraverso il linguaggio verbale, ma anche a come lo dice ovvero a come si esprime, a quali espressioni e gesti usa (linguaggio non verbale). Il paziente viene visto da in piedi, da seduto, da sdraiato, di fronte, di lato, da dietro e mentre cammina. Per valutare se i vari distretti corporei adempiono alle loro funzioni e quindi si muovono bene senza impedimenti, si utilizzano dei tests specifici e la palpazione manuale, che ci permettono di sentire e “toccare con mano” le zone più “rigide”, che hanno perso la loro mobilità.

L’osteopata è in grado capire se la problematica del paziente è di sua competenza?
Una volta esaminato il paziente nella sua globalità, l’osteopata integra tutti i dati raccolti, formula una diagnosi osteopatica e in base a questa impronta il trattamento. L’osteopata dopo le prime due fasi è in grado di capire dove risiede il problema del paziente e quindi di adottare la strategia terapeutica più adatta per aiutarlo a ritornare al suo stato di salute.
Il trattamento viene escluso nel caso in cui l’osteopata ritenga opportuno aggiungere alla sua valutazione un consulto medico specialistico o un eventuale esame diagnostico strumentale, oppure qualora esso possa essere controproducente e/o dannoso per il paziente. Per questo motivo l’osteopata collabora con altre figure professionali sanitarie e sa distinguere se un disturbo è di competenza medica e/o chirurgica oppure osteopatica.

Quanto dura il trattamento?
Tendenzialmente le prime sedute sono più ravvicinate (la frequenza massima comunque è pari a una a settimana), poi i trattamenti si dilungano o dilazionano nel tempo, perché si lascia al corpo il modo di riadattarsi e trovare un nuovo equilibrio più salutare.
Se il problema è cronico si consiglia al paziente di tornare durante l’anno per tenere sottocontrollo il suo disturbo e mantenere uno stato di salute. È consigliato comunque effettuare delle sedute anche in assenza di importanti sintomatologie dolorose, a scopo preventivo, per evitare che esse possano tornare o addirittura peggiorare.
L’osteopata deve essere in grado di aiutare il paziente a comprendere che egli è artefice del suo equilibrio psico-fisico e che quindi gioca un ruolo da protagonista nella cura di sé stesso e della sua salute.
Compito dell’osteopata è quello di saper spiegare al paziente i suoi disturbi, in modo che sappia gestirli al meglio per evitare che si ripresentino.
Se necessario è fondamentale che il paziente modifichi il suo stile di vita dopo il trattamento osteopatico. L’osteopata dovrebbe consigliare al paziente un’attività fisica mirata, esercizi o posizioni ergonomiche utili per evitare recidive. Se opportuno, dovrebbe indirizzarlo anche ad altre figure professionali per modificare tutte quelle abitudini poco sane.


Su quali principi si basa l’osteopatia?

L’osteopatia è una disciplina olistica perché considera l’individuo nella sua globalità. Essa si basa sul concetto che ogni parte del corpo è in relazione dipendente alle altre e tutte si influenzano vicendevolmente. Ciò significa che il corretto funzionamento di ognuna assicura quello dell’intero sistema. Per l’osteopatia il movimento è vita infatti il nostro scopo principale è ricercare e trattare le zone che si muovono meno, rispetto alla loro fisiologia, o che non si muovono per niente.
Per supplire alle zone di blocco e fare in modo che tutto continui a funzionare, il corpo mette in atto dei compensi: altri distretti corporei si sovraccaricano di lavoro andando oltre la loro fisiologia. È per questo che le aree di compenso sono quelle che soffrono e quelle dove si manifesta il sintomo. L’osteopata per risalire alla causa del problema non tratta le zone sintomatiche ma quelle dove c’è una diminuzione o perdita di movimento, denominata disfunzione osteopatica, o alterazione della funzione di quella zona.
L’osteopata guarisce?
L’osteopata non guarisce direttamente ma mira a ristabilire il movimento perso nella zona dove la funzione è stata alterata; è allora infatti che il corpo, attraverso i suoi meccanismi innati di auto-guarigione, ristabilisce un nuovo equilibrio e ripristina lo stato di salute. È bene ribadire che l’osteopata non può prescrivere farmaci e quindi si avvale solo di tecniche manuali specifiche.

Quali problematiche tratta l’osteopata?
1) Problemi muscolo-scheletrici di tipo meccanico e strutturale: come cervicalgie, dorsalgie, lombalgie, discopatie, artrosi e artriti, dolori e problematiche muscolari e articolari, di natura posturale o traumatica, inclusa l’articolazione temporo-mandibolare (la cui sintomatologia si esprime con: dolore in sede auricolo-temporale, scrosci articolari alla mandibola durante la masticazione, riduzione dell’apertura della bocca, “rumori, ronzii, fischi” nelle orecchie).
L’osteopata lavora sulle perdite di movimento e quindi sulle articolazioni, sui muscoli e sui legamenti, per cui agisce indirettamente sulla propriocezione e sulla postura. La propriocezione è quella capacità che ci consente di percepire la posizione e il movimento delle varie parti del corpo nello spazio, grazie a recettori, detti appunto propriocettori, localizzati a livello articolare, muscolare, tendineo e non solo. Lavorando sulle strutture muscolo-scheletriche e legamentose, l’osteopata agisce quindi sul corretto funzionamento dei propriocettori, principali responsabili della nostra postura nello spazio.
2) Come detto sopra, siccome ogni parte del corpo influenza le altre, il ragionamento osteopatico mira a trovare tutte le possibili relazioni tra la zona dove si manifesta il sintomo e tutti gli altri distretti corporei, non solo muscoli e ossa ma anche organi interni.Per fare un esempio, dato che gli organi sono collegati alla struttura della colonna vertebrale mediante fasce connettivali e legamenti, vie nervose autonome e vascolari, può succedere che un problema alla schiena possa dipendere da un organo. Un disturbo digestivo o dell’alvo oppure un problema ginecologico, può manifestarsi con dolori alla colonna vertebrale. L’osteopatia non ha la presunzione di curare una gastrite o una patologia d’organo ma, può aiutare un viscere (come lo stomaco ad esempio) a muoversi meglio sotto l’azione del diaframma (e di conseguenza anche a digerire meglio il cibo) perché mira a ridurre le tensioni legamentose degli organi. Per questo motivo, l’osteopatia si occupa anche dei visceri interni.
3) Un altro campo d’azione dell’osteopatia è il sistema nervoso periferico, in quanto tratta anche le neuropatie radicolari e periferiche, come le cervico-brachialgie e le lombo-sciatalgie, ma anche nevralgie e mal di testa.
4) Il sistema cranio-sacrale: secondo l’osteopatia non bisogna escludere dal trattamento, il cranio e le sue articolazioni (suture craniche), che sebbene siano definite articolazioni fisse, hanno comunque anche dei micro-movimenti dovuti alla circolazione vascolare e liquorale, che si trasmettono dal cranio al sacro e viceversa. Le tecniche cranio-sacrali sono molto utili in caso di nevralgie e mal di testa, mal di schiena, colpi di frusta per incidenti stradali, disturbi del sonno, problemi ai muscoli degli occhi e della mandibola, bruxismo, sinusiti, traumi da parto come alterazioni della forma del cranio del neonato, scoliosi funzionali di origine cranica.
5) L’osteopatia si occupa anche del trattamento delle cicatrici chirurgiche e traumatiche, in quanto queste possono causare dei dolori locali o a distanza. La cicatrice è il risultato della riparazione di una lesione o ferita più o meno profonda. Il tessuto fibroso che sostituisce quello danneggiato può causare delle aderenze e adesioni dei piani tessutali, muscolari, cutanei e fasciali sottostanti: essa può “imbrigliare” i tessuti sottostanti ovvero ridurne lo scorrimento e dove sono presenti anche vasi o nervi, influenzare la circolazione sanguigna o linfatica e la conduzione nervosa, causando dolore.

A che età si può ricorrere al trattamento osteopatico?
A tutte le età. L’osteopata tratta il neonato, il bambino, l’adulto, l’anziano e anche la donna in gravidanza. Per il neonato e la donna in gravidanza le tecniche utilizzate sono molto soft e dolci.

SAI COME FARE UNA DIETA ANTI-CANCRO?

E’ scientificamente provato che una diagnosi preventiva ed un corretto stile di vita possono essere determinanti nel limitare i casi di insorgenza e mortalità dovuti a tumori. Un’alimentazione scorretta è soltanto uno dei tanti fattori di rischio implicati nello sviluppo di patologie tumorali. Per nostra fortuna è anche uno dei fattori di rischio facilmente modificabili perchè correlato unicamente allo stile di vita della persona. Studi dimostrano come il 30-50 % dei tumori possano essere evitati grazie ad una corretta alimentazione, percentuale che sale fino ad un 70% per i tumori che interessano il tratto gastro-intestinale, come esofago, stomaco e colon. Stando alle attuali ricerche in ambito oncologico, i tumori maggiormente correlati all’alimentazione risultano essere:
• pancreas;
• fegato;
• stomaco;
• colon;
• mammella;
• utero;
• prostata.
ALIMENTAZIONE E TUMORI.

Ad oggi è noto come determinate categorie di alimenti abbiano un ruolo protettivo nei confronti di patologie oncologiche e come questi siano in grado di intervenire a diversi livelli nei processi di crescita tumorale:
1. alcuni impediscono l’attivazione degli agenti cancerogenici;
2. altri non permettono l’angiogenesi, ovvero la formazione di vasi sanguigni che agevolano lo sviluppo del tumore;
3. alcuni inducono l’apoptosi, ovvero la morte delle cellule cancerose;
4. altri invece proteggono dai radicali liberi;
5. alcune molecole agiscono rafforzando e stimolando il sistema immunitario.
Questi composti si trovano in molti alimenti di origine vegetale e affinchè possano avere un effetto sinergico tra di loro, devono essere combinati e consumati regolarmente. Risulta fondamentale mangiare in modo equilibrato, con una dieta varia, preferendo cibi come frutta e verdura di stagione, limitare alimenti di origine animale e ridurre al minimo il consumo di grassi di origine animale. Numerosi studi sperimentali sia in vivo che in vitro, dimostrano che alcune molecole estratte da vegetali possono contrastare lo sviluppo del cancro.
LE BRASSICACEE O CRUCIFERE. Sono una grande famiglia di piante erbacee a cui appartengono cavolini di Bruxelles, verza, cavolo, broccoli, crescione, rape e cavolfiori. Le loro proprietà antitumorali, derivano dalla presenza di sostanze chiamate glucosinolati, in grado di inibire alcune fasi della cancerogenesi e di aiutare l’organismo ad eliminare le sostanze cancerogene, riducendo la possibilità di causare mutazioni del DNA, abbassando la probabilità dello sviluppo di tumori. Ad oggi, sono noti più di 130 glucosinolati, la cui concentrazione è variabile nei vari ortaggi, ma che risulta essere maggiore in Cavolini di Bruxelles e broccoli. I glucosinolati vengono facilmente inattivati dal calore, si consiglia infatti l’utilizzo di alimenti freschi o sottoposti a cottura al vapore.
FAMIGLIA DELL’AGLIO. Gli alimenti appartenenti a questa famiglia come aglio, cipolla, porri etc., contengono una sostanza chiamata allina, che viene facilmente convertita da un enzima in allicina, dopo la rottura degli spicchi. L’allicina è un composto solforganico che caratterizza l’odore pungente tipico dell’aglio e affini e che mostra proprietà soprattutto anti-infiammatorie, antifunginee, antibiotiche, antiossidante e antitrombotiche. Recenti studi dimostrano però come questa sostanza possa avere anche la capacità di impedire la crescita di cellule tumorali e promuoverne l’apoptosi. Si consiglia l’utilizzo di aglio crudo.
CURCUMA E PEPE NERO. La curcuma è una spezia della famiglia dello zenzero proveniente dall’India, attualmente al centro dell’attenzione scientifica per le proprietà benefiche mostrate come quella di contrastare i processi infiammatori all’interno dell’organismo. Studi dimostrano come la curcumina, componente della curcuma, sia in grado di bloccare l’azione di un enzima ritenuto responsabile dello sviluppo di tumori, soprattutto a livello della testa e del collo. La curcumina risulta anche un potente antiossidante, in grado di contrastare l’azione dei radicali liberi, responsabili dei processi di invecchiamento cellulare. Per aumentare la disponibilità di curcumina, è consigliabile assumere insieme curcuma e pepe nero.
LA SOIA. La soia è una pianta erbacea della famiglia delle Leguminose proveniente dalla Cina e dal Giappone. In ogni sua forma, come fagiolo, germogli, salsa, tofu, latte ecc., contiene una sostanza chiamata ginesteina con dimostrata attività oncoprotettiva, in grado di interferire soprattutto con lo sviluppo di tumori a base ormonale, come prostata e seno. La ginesteina, così come altri isoflavoni, hanno struttura molecolare simile agli ormoni sessuali e sono quindi in grado di legare i recettori ormonali, senza però scatenare una risposta ormonale significativa. IL PESCE Oltre ad avere un ottimo valore nutrizionale, il pesce risulta essere molto importante perchè ricco di acidi grassi omega-3. E’ ormai certo e noto come questi acidi grassi essenziali abbiano effetti benefici sull’organisimo. Svolgono diverse funzioni come rafforzamento delle membrane cellulari, mantenendone l’integrità, attività antinfiammatoria ed inibizione dello sviluppo di cellule tumorali. Studi dimostrano che gli omega-3 riducono l’infiammazione all’interno dell’organismo e possono contribuire a ridurre il rischio di malattie croniche come le malattie cardiocircolatorie, il cancro e l’artrite. La loro proprietà antitumorale è legata quindi all’attività antinfiammatoria. Studi dimostrano inoltre la loro importanza per il mantenimento delle funzioni cognitive, come la memoria e l’elasticità mentale. Gli omega-3 sono contenuti maggiormente in pesci azzurri e pesci grassi come salmone, sgombro e sardine. Sono inoltre contenuti in semi di lino e frutta secca.
CARNE ROSSA. La struttura chimica delle proteine di origine animale e vegetale è la stessa. Tuttavia, studi dimostrano che se consumata in eccesso, la carne rossa può nuocere la salute dell’uomo. Pericolosità che risiede nel modo in cui le proteine della carne rossa interagiscono con l’organismo. I cibi di origine animale contengono, oltre alle proteine, anche molte altre sostanze tra cui i grassi saturi e il ferro del gruppo eme. In dosi eccessive essi stimolano l’aumento di colesterolo, i livelli di insulina nel sangue e l’infiammazione del tratto intestinale, aumentando il rischio di certe patologie, tra cui i tumori, in particolare quelli del colon-retto. Diversi studi indicano infatti che il gruppo eme stimola, a livello dell’intestino, la produzione di alcune sostanze cancerogene e induce l’infiammazione delle pareti intestinali che se prolungata nel tempo per via di massiccia ingestione di carne rossa, aumenta le probabilità di sviluppare tumori al colon-retto. L’American Institute for Cancer Research e il World Cancer Resaerch Fund, infatti, hanno dichiarato che esistono ormai prove convincenti di una relazione tra eccessivo consumo di carne rossa e aumento del rischio di cancro al colon-retto. Lo studio ha inoltre confermato un’associazione positiva anche tra consumo di carni lavorate e morti per malattie cardiovascolari e per cancro al seno. Lo studio EPIC ha però anche dimostrato, di contro, che un consumo di piccole quantità di carne rossa ha effetti benefici per la salute, fornendo vitamine e proteine nobili presenti solo nelle carni. Particolare attenzione va posta per la cottura dei prodotti carnei. La griglia o la padella offrono vantaggi, come sterilizzare con le alte temperature le carni, diminuendo il pericolo di contaminazione da microrganismi, ma offrono lo svantaggio di portare alla formazione di sostanza chimiche dette ammine eterocicliche, tossiche e fortemente cancerogene. Molta attenzione va posta anche nel ridurre drasticamente il consumo di prodotti carnei conservati e insaccati. I nitriti, sostanze utilizzate nella conservazione di questi prodotti, nell’ambiente acido dello stomaco si trasformano in acido nitroso, che legandosi alle ammine da origine alle nitrosammine, sostanze altamente cancerogene. E’ noto scientificamente che il consumo di salumi, insaccati e altri prodotti a base di carne contenenti conservanti è una delle cause accertate di formazioni di cancro allo stomaco. Il consumo di carni rosse deve essere quindi limitata a massimo 500 gr alla settimana.
LATTICINI. Attualmente esistono molte ricerche volte ad indagare su possibili effetti preventivi riguardanti questa categoria di alimenti. Ad oggi sono note certezze scientifiche sulla riduzione del cancro al colon grazie alla capacità dei lattobacilli di sopprimere a livello intestinale specie batteriche in grado di convertire procangerogeni in cancerogeni. Inoltre i lattobacilli possono catturare a livello intestinale potenziali mutageni, evitandone l’assorbimento da parte dell’organismo.
ALIMENTI CONTENENTI POLIFENOLI. I polifenoli sono un’ ampia famiglia di sostanze antiossidanti naturali presenti nelle piante (antocianine, proantocianidine, leucoantocianidine, flavoni, tannini, ecc.) e possono risultare utili nella prevenzione dell’ossidazione delle lipoproteine e nelle reazioni contro i radicali liberi, eliminandoli; sono accertati inoltre effetti positivi a livello cardiovascolare, di malattie legate alla senescenza e di arresto della crescita tumorale. I polifenoli abbondano soprattutto nella frutta e verdura fresca, ma anche nel tè, nel vino, nel cacao e nei derivati. Attenzione però perchè la cottura abbatte in modo considerevole il contenuto polifenolico degli alimenti, per cui è importante consumare cibi freschi o affidarsi eventualmente alla bollitura o alla cottura al vapore, evitando le alte temperature.
• Il vino rosso: contiene un’importante sostanza, soprattutto a livello della buccia dell’uva rossa, chiamata resveratrolo, con azione contro i tumori, soprattutto quelli cutanei. Ha inoltre azione antritrombotica, antiaggregante, antinfiammatoria, vasorilassante ed antiaterogena. I Polifenoli inibiscono l’ossidazione delle LDL e l’aggregazione piastrinica, proteggendo l’organismo dalle malattie cardiovascolari.
• Il pomodoro: contiene un particolare carotenoide, chiamato licopene, responsabile del colore rosso dell’ortaggio (così come del pompelmo rosa e del cocomero). Come tutti i carotenoidi, questa sostanza ha un forte effetto antiossidante, contro l’azione dei radicali liberi. Studi dimostrano il suo spiccato effetto protettivo nei confronti del tumore alla prostata. Essendo il licopene una sostanza lipofila, il suo assorbimento è correlato alla presenza di grassi nella dieta. La cottura quindi del prodotto può aumentarne la biodisponibilità grazie alla dissociazione dei complessi proteici in cui è incorporato o per la dispersione degli aggregati cristallini di carotenoidi.
• Il Tè: soprattutto il tè verde è una fonte rilevante di una classe di polifenoli chiamati epigallocatechine, molecole con dimostrate capacità antossidanti e di protezione nei confronti di danni da radiazioni UV. Numerosi sono gli studi che ne sottolineano le proprietà antitumorali, epatoprotettori e drenanti.
• I frutti rossi: appartenenti alla famiglia dei frutti di bosco, come mirtilli, more, ribes, fragole, lamponi, maqui ecc, sono frutti ad elevato contenuto di antociani, responsabili del colore rosso e viola dei frutti stessi. Gli antociani pur non essendo indispensabili per la nutrizione umana, esercitano un documentato effetto positivo su tutto l’organismo, grazie alle loro elevatissime capacità antiossidanti, contro l’invecchiamento cellulare, contro la fragilità capillare, antinfiammatoria, antiaggregante piastrinico, diuretico, protettivo del sistema cardiovascolare. La loro azione di protezione dagli agenti cancerogeni è dovuta alla capacità di scavenger dei radicali liberi.
• Gli agrumi: oltre ad essere ottima fonte di vitamine e sali minerali, sono ricchi di fenoli e terpeni con attività protettive contro i tumori dell’apparato digestivo. Azione aumentata dalla presenza di acido ascorbico, Vit C, importante protettore del cancro allo stomaco. Attenzione però, perchè in presenza di cancro conclamato, il consumo di questi frutti deve essere ridotto drasticamente perchè contengono composti fitichimici detti poliammine, indispensabili alla proliferazione delle cellule tumorali. Le poliammine sono inoltre contenute in banane, kiwi, frutta tropicale, melanzane, peperoni e molluschi bivalvi.
• Cioccolata fondente: ottima fonte di epicatechine, polifenoli in grado di eliminare i radicali liberi, che potrebbero causare forti stress ossidativi e sviluppo di patologie legate all’invecchiamento cellulare, come il cancro.
CONTROLLARE LA GLICEMIA E L’INSULINA NEL SANGUE. Studi in vitro dimostrano che le cellule cancerose assorbono glucosio in quantità molto maggiori rispetto alle cellule normali. Ciò sta a significare che il glucosio è la fonte energetica favorita da queste cellule. Livelli plasmatici elevati di glicemia, così come di insulina, stimolano la secrezione di fattori di crescita chimati IGF, che stimolano la crescita delle cellule, aumentano il rischio di tumore. Un altro elemento fondamentale per una dieta anticancro, risulta quindi un buon crontrollo glicemico, attuabile con un consumo ridotto di zuccheri semplici e un incremento nell’utilizzo di carboidrati integrali, complessi e di fibre.
In conclusione possiamo affermare che per mantenere alto il nostro stato di salute occorre attenersi il più possibile alle linee guida nazionali ed internazionali per una sana alimentazione, che esplicano fondamentali consigli come:
• mantenere il giusto peso corporeo;
• svolgere attività fisica in maniera regolare;
• consumare almeno 5 pasti giornalieri per mantenere attivo il metabolismo;
• consumare almeno 4 porzioni tra verdura e frutta (non più di 400 gr di frutta al dì);
• consumare pesce e legumi almeno due volte alla settimana, limitando il consumo di carne rossa;
• preferire i carboidrati complessi ed integrali;
• limitare grassi animali e consumare olio extravergine di oliva;
• bere almeno due litri e mezzo di acqua al giorno;
• limitare il consumo di alcool ad un solo bicchiere di vino rosso al dì.

 

COME RAFFORZARE LE DIFESE IMMUNITARIE

Per affrontare meglio la stagione autunnale e invernale in cui virus e batteri in quanto si vive più in ambienti chiusi e i bambini sono più a contatto con i coetanei sia al nido e sia a scuola, io uso e consiglio un decalogo:
1) Seguire un’alimentazione sana: tanta frutta, verdura come pomodori, spinaci, broccoli, ricchi di vitamine che aiutano a rafforzare il sistema immunitario, legumi ricchi di ferro, che aumentano l’emoglobina e quindi i globuli rossi, frutta secca che contribuisce allo sviluppo e crescita ossea, perché ricca di calcio, pesce di qualsiasi tipo.
2)Buon sonno: la carenza di sonno indebolisce il sistema immunitario e pertanto rende i bambini più esposti a virus e batteri (fino a 6 anni devono dormire circa 10 ore).
3) Movimento all’aria aperta.
4) Probiotici – sono presenti negli alimenti o venduti come integratori – che costituiscono il microbiota intestinale che è la nostra centrale del benessere, oltre a favorire le nostre funzioni intestinali, condiziona la nostra buona salute, aumentando le difese immunitarie (Probiotici: insieme di microrganismi vivi, ogni persona ha il suo patrimonio).
5) Frutti di bosco per colazione o merenda.
6) Vitamina C e Vitamina D3.
7) Zinco e curcuma.
8) Ridurre tutto ciò che causa stress, perché se aumenta l’ormone dello stress (cortisolo) prodotto dal surrene, ma su impulso del cervello, diminuiscono le difese immunitarie.
9) Ridurre gli zuccheri raffinati: dolciumi, bevande gassate, succhi di frutta industriali.
10) Echinacea: pianta del Nord America, fa parte della famiglia delle margherite, ha varie funzioni: antinfiammatoria e contribuisce ad aumentare le difese anticorpali.
E possiamo aiutare i bimbi anche con alcuni integratori artificiali, ma se si segue il mio decalogo i risultati ci sono. Ultimamente si è scoperto, durante la pandemia del Covid 19, che contribuisce a rafforzare il sistema immunitario la Lattoferrina, una proteina fondamentale nel nostro organismo in quanto la sua funzione è quella di trasportare il ferro all’interno del sangue, ha un’attività antimicrobica e aumenta le difese, perché sottrae il ferro a microbi e virus i quali hanno bisogno di ferro per replicarsi, ma la lattoferrina, sottraendolo, contribuisce alla loro morte. E’ presente nel colostro, nel plasma, nei globuli bianchi neutrofili e in tutte le secrezioni umane.

L’ENDOMETRIOSI E L’OSTEOPATIA

Che cos’è l’endometriosi?
L’endometriosi è una condizione patologica provocata dalla presenza e dalla crescita anomala di endometrio (tessuto che costituisce la parete interna dell’utero) in sedi insolite al di fuori dell’utero, come a livello delle ovaie, delle tube, della vagina, del peritoneo, tessuto connettivo che riveste gli organi addominali e quindi anche dell’intestino. Meno frequentemente interessa gli ureteri, la vescica, le cicatrici chirurgiche, le pleure polmonari e il pericardio. È una patologia benigna ma può avere un andamento progressivo e quindi divenire cronica. L’elemento da non sottovalutare in questa malattia è che come avviene per l’endometrio uterino, anche l’endometrio ectopico (situato nelle zone interessate dall’endometriosi), durante il ciclo mestruale viene stimolato dagli ormoni ovarici, e quindi si sfalda e sanguina, provocando delle lesioni e/o aderenze. Il sangue che si accumula se non viene eliminato velocemente può innescare un processo infiammatorio, causando ulteriori problematiche.
Come si manifesta?
I sintomi principali sono il dolore pelvico cronico, che si acutizza in genere prima del ciclo mestruale e può scomparire o permanere durante tutta la sua durata. Con l’evolversi della malattia, il dolore può aumentare e si può accompagnare anche a senso di tensione addominale continuo, dolore all’osso sacro, all’inguine o agli arti inferiori. Il dolore può sopraggiungere anche durante i rapporti sessuali e protrarsi anche dopo. A volte può essere causa di infertilità, dismenorrea e quindi problematiche legate al ciclo mestruale di cui abbiamo parlato nell’articolo precedente. A questi si possono associare stanchezza cronica, stipsi e gonfiore addominale, sintomi urinari e intestinali a seconda delle lesioni da essa provocate.
In alcuni casi una gravidanza può ridurre i sintomi associati ad endometriosi.
Come può essere diagnosticata?
Un’ anamnesi completa e un accurato esame obiettivo ginecologico e/o rettale possono essere già abbastanza per diagnosticare l’endometriosi; possono essere utili altri esami
strumentali come l’ecografia, la TC e l’RX. La laparoscopia viene usata nei casi in cui sia difficile fare diagnosi.
Cosa può fare l’osteopatia?
L’osteopatia può occuparsi indirettamente della malattia, trattando le zone coinvolte a livello funzionale come i muscoli e i legamenti in relazione con l’apparato genitale, le articolazioni del sacro, dell’iliaco, delle anche e della colonna e il sistema neuro-vegetativo. Il trattamento osteopatico può migliorare il dolore e la limitazione fisica funzionale.

LA TOSSE, fastidioso disturbo.

𝐃𝐨𝐭𝐭.𝐬𝐬𝐚 𝐕𝐚𝐥𝐞𝐧𝐭𝐢𝐧𝐚 𝐋𝐮𝐨𝐭𝐭𝐨 – Specialista in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo

Parliamo di orgasmo femminile con Silvia Corrent (Psicologa – Sessuologa)